Qualcosa di grosso è cambiato con la nuova ondata di AI, quella che passa sotto il nome di ‘generativa’ (GAI per Generative AI). E non mi riferisco alla diatriba su quanto intelligenti queste macchine possano essere rispetto agli esseri umani, esercizio retorico che viene messo in discussione ogni giorno che passa, con l’ultima versione di ChatGPT o uscite come quella recente di Sora per generare brevi ma estremamente  realistici video da semplici indicazioni testuali (openai.com/sora). 

 

Penso piuttosto al fatto che forse per la prima volta nella storia una tecnologia invece di allontanarci dal centro della nostra umanità, verso territori sconosciuti e inospitali, ci avvicina al cuore analogico del nostro essere ‘macchine organiche’. Abbiamo passato secoli a combattere con la tecnologia, prevalentemente dispositivi meccanici e poi elettronici, e gli ultimi trent’anni o poco più a cercare di convivere col nuovo mondo digitale prima  offline e poi online

 

Per la prima volta in secoli e decenni una tecnologia ci viene incontro presentando un volto umano, sarebbe meglio dire umanoide, che ci fa sentire a casa, che non ci costringe a  riadattare i nostri sensi e il nostro pensiero a meccanismi artificiali, che sono più appannaggio di sistemi che sono stati dall’inizio concepiti secondo logiche binarie. 

 

Oggi il modo di dialogare con GAI è il puro linguaggio naturale e già in questi ultimi mesi si stanno affacciando sul mercato dispositivi che riconoscono qualsiasi cosa diciamo e in qualsiasi lingua possiamo esprimerci. GAI gestisce dietro le quinte tutta la complessità digitale di connettersi ai sistemi aziendali per ottenere le informazioni che ci servono o dialogare con una piattaforma di servizi per organizzare le attività di svago. 

 

Voglio per esempio organizzare il mio prossimo viaggio? Nessun problema. Esattamente come fossi in una vecchia agenzia di viaggio parlo con un operatore GAI esprimendo i miei desideri di vacanza esotica e gradualmente, con domande sempre più precise, prenoto il volo, poi l’albergo e magari qualche eccitante escursione.  

 

Vedete come dal sito di Booking.com siamo tornati ‘indietro’ all’agenzia di viaggio, siamo tornati al passato. Booking esiste ancora come entità da mettere in gioco, ma è un problema del mio assistente GAI. Questa è già una realtà con dispositivi come AI Pin (https://humane.com/aipin) e Rabbit R1 (https://www.rabbit.tech/rabbit-r1). 

 

Stessa sorte per molti dei sistemi informatici aziendali. Vogliamo svolgere un’attività di recupero e analisi dati. Non dovremo sapere ‘come’ approcciarsi a un’applicazione informatica, ma piuttosto ‘cosa’ chiedere esattamente per rispondere alle nostre domande di business. Anche qui il digitale arretra dietro le quinte di GAI e l’analogico della calda prosa della nostra lingua avanza. 

 

Con questo non voglio sostenere che scompaia l’interfaccia verso il mondo digitale, ma di certo andranno riscritti quintali di tomi sull’Interaction&Service Design. Tutti gli intricati dettagli di come mettere quell’icona sul sito di e-commerce o di come posizionare quel copy sotto quell’immagine pubblicitaria, saranno un lontano ricordo. 

 

Probabilmente dovremo invece riuscire a convincere un testardo operatore umanoide a farci uno sconto per avere quel paio di scarpe che tanto desideriamo e che luccicano in tutto il loro splendore sul monitor davanti a noi. Questa transizione implica una seconda importante discontinuità. I servizi digitali di core dovranno essere concepiti dall’inizio a uso e consumo delle macchine e da un’elite sempre più esigua ed esclusiva di sviluppatori, gli unici che ancora dovranno continuare a dialogare con le macchine con la lingua del digitale. Questa prospettiva ‘machine to machine’ (M2M) non è di certo una cosa nuova, ma con l’arrivo di GAI sarà ulteriormente esasperata. 

 

Quindi da GAI verso i sistemi informativi avremo una logica puramente binario/digitale e da GAI verso noi umani/clienti finali un’interazione analogica in linguaggio naturale. Anche quest’ultima andrà alimentata e dovremo far crescere nel tempo la ‘sensibilità’ di questi ‘sistemi artificiali’ perché siano capaci di stare al mondo come tutti gli altri essere ‘umani normali’, di avere dei comportamenti sociali accettabili e fare in modo che  ci possano essere d’aiuto nelle nostre attività lavorative e del tempo libero, senza crearci troppo stress. 

 

Avete già nostalgia delle vecchie e care tastiere e dei computer che con incomprensibile testardaggine non capivano le vostre richieste? Volete ancora Google, Facebook, Amazon e Airbnb? Beh, forse è troppo tardi. Ci siamo lamentati negli ultimi dieci anni di qualsiasi cosa odorasse di elettronico/digitale, e ora avremo finalmente quello che abbiamo sempre chiesto: un’interazione puramente umana con i computer (inclusi errori e possibili allucinazioni), che non vedremo nelle loro usuali sembianze, ma col candido volto di sistemi di interazione umanoide che parlano la nostra stessa lingua. 

 

GAI si sta mangiando la digitalizzazione in un sol boccone. Lo sta facendo per noi. Sta digerendo miliardi di linee di codice, di diagrammi, di schemi, di immagini e testi. Tutto il digitale presto sparirà magicamente ai nostri occhi,  lasciando solo una rassicurante voce, che tradisce a malapena un filo d’emozione nel darci il benvenuto:

“AMER: …Buonasera Hal, come vanno le cose?

HAL 9000: Buonasera, signor Amer. Tutto va estremamente bene.”